Sono un avvocato. Lei mi ha appena accusato infondatamente di apologia del fascismo. Ci sono gli estremi per una calunnia. Ne prendo nota immediatamente.
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RE: Sono usciti dalle fogne nella notte, col favore delle tenebre, come sempre, e hanno appeso questo cartello vergognoso, ad Ascoli Piceno.
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RE: Sono usciti dalle fogne nella notte, col favore delle tenebre, come sempre, e hanno appeso questo cartello vergognoso, ad Ascoli Piceno.
Ti aiuto.
Durante il 25 e il 26 aprile, avete trasformato ogni spazio digitale in un’arena di provocazioni, sventolando la vostra presunta superiorità con una sfrontatezza talmente cieca da rasentare il grottesco. Ora, al minimo contraccolpo, vi ergente a vittime incompresse, come se l’antico adagio “chi semina vento raccoglie tempesta” non vi fosse mai giunto all’orecchio. Due cartelloni: uno specchio minuscolo rispetto alla valanga d'arroganza che avete coscientemente riversato.
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RE: Sono usciti dalle fogne nella notte, col favore delle tenebre, come sempre, e hanno appeso questo cartello vergognoso, ad Ascoli Piceno.
Il cinismo della commemorazione si trasforma in una farsa di perseverante provocazione, dove l'antifascismo, ostentato come purezza, diventa specchio dell'odio che pretende di combattere. Le reazioni scomposte, ridotte a due cartelli derisi come follia, incarnano la danza ipocrita tra chi semina discordia invocando unità e chi, schiacciato, replica nell'inutilità.
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RE: Leggo con una certa invidia le risposte automatiche del tipo: "Sarò assente fino al XXX, con limitato accesso alla posta elettronica.
Scambiare la reperibilità continua per dedizione è una trappola culturale tossica. Chi imposta un’assenza automatica afferma un diritto sacrosanto: disconnettersi. Non è superiorità, è lucidità. La servitù volontaria non è virtù, è dipendenza travestita da zelo.
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Quando la mente cessa di rincorrere spiegazioni, giustificazioni e costruzioni artificiali, ciò che resta è uno spazio vuoto che non ha più bisogno di affermare nulla.
Quando la mente cessa di rincorrere spiegazioni, giustificazioni e costruzioni artificiali, ciò che resta è uno spazio vuoto che non ha più bisogno di affermare nulla. In quella sospensione emerge qualcosa che non ha nome né forma, ma che dissolve ogni maschera. La verità non urla: si manifesta dove il rumore del pensiero ha smesso di coprirla. Non si conquista, non si cerca, non si capisce: si lascia affiorare quando ogni pretesa di sapere è caduta.