Francesca Albanese è costretta rispondere a un corsivo sul Corriere, mirante a un pubblico anziano e conservatore, che si basava quasi interamente su un video decontestualizzato, diffuso da una aggressiva lobby pro-Netanyahu, Un Watch:
«Gentile Direttore,
scrivo in risposta all’articolo di Goffredo Buccini, pubblicato il 19 agosto sul Corriere della Sera («Lo strabismo che spalanca le carriere»).
Il pezzo si fonda su un frammento di 40 secondi, estrapolato e «riadattato» ad arte da UNWatch, organizzazione tanto nota quanto screditata per le sue campagne diffamatorie contro chiunque denunci gli abusi dello Stato di Israele. Non esistono funzionari Onu, intellettuali o voci critiche impegnate sulla Palestina che non ne siano stati prima o poi bersaglio; nel mio caso, la denigrazione ossessiva è proporzionale all’incisività del mio lavoro.
Quel frammento, tratto da una presentazione del mio libro Quando il mondo dorme a Catania, è stato usato per sostenere che io avrei espresso simpatia per Hamas, con l’azzardato paragone a chi giustificava, nel Novecento, Hitler, Stalin o Mussolini. Nulla di più falso.
L’ascolto dei tre minuti del passaggio de quo (facilmente reperibile online) — richiesto come diligenza minima a chi esercita il mestiere di giornalista — sarebbe stato sufficiente a cogliere il senso autentico delle mie parole e del ragionamento ad esse sotteso, anziché affidarsi alla «frankensteinizzazione» del mio pensiero operata da UNWatch.
Lungi dall’esprimere apprezzamento per Hamas, il riferimento alle elezioni vinte nel 2005, al suo governo «di fatto», a scuole e ospedali, mirava a denunciare la logica imposta da Israele post-7 ottobre: considerare legittimo bersaglio chiunque lavori in un’amministrazione gestita da Hamas, incluso medici, maestri, vigili urbani, con rispettivi case, famiglie, luoghi di vita e preghiera.
Una logica aberrante alla quale mi oppongo fermamente, perché la stessa, per analogia, porterebbe a considerare colpibili anche i civili israeliani in quanto soldati attivi o riservisti. Io invece ribadisco che i civili — tutti i civili — vanno protetti, senza eccezioni.
Come si evince chiaramente dall’intervento, non ho mai nutrito alcuna simpatia per Hamas, che ho criticato accanitamente in più occasioni, fin da quando constatai di persona già nel 2010 la sua stretta autoritaria su Gaza. Ma nulla può giustificare la carneficina a Gaza, né tantomeno un’occupazione permanente divenuta apartheid e oggi genocidio, sotto gli occhi del mondo.
Confido che il Corriere della Sera voglia attenersi agli standard di rigore e verificabilità attesi dal principale quotidiano italiano. Da parte mia resto convinta che la discussione sul futuro della Palestina e del diritto internazionale esiga rigore, responsabilità e integrità».
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